LE RAGGIERE DI COPERNICO
Condividi

La Luna al 10° giorno, 3 giorni dopo il primo quarto.
Abbiamo osservato nel nostro precedente incontro il Mare delle Piogge, che oltre a una ricchissima messe di strutture affascinanti, ci mostrava delle delicate strie luminose che provenivano dal basso. Oggi incontreremo la sorgente di queste “raggiere”: il cratere Copernico.
Osserveremo nei pressi dell’equatore lunare, nella regione evidenziata dal cerchio bianco.

Nell’immagine qui sopra vediamo la Luna come la vediamo a occhio nudo, l’Est è alla nostra destra, come vediamo ad occhio nudo il nostro satellite in 10° giornata dal nostro emisfero. Indicata dal cerchio, la regione di nostro interesse.
Puntiamo il telescopio o il cannocchiale, siamo a 50-150 X, con un piccolo cannocchiale da 6-10 cm di lente o con un telescopio da 15 a 20 cm di specchio, i comuni Schmidt-Cassegrain Celestron o Meade ad esempio, ambedue provvisti di specchietto, il diagonale, a 90° dove mettiamo l’oculare.
L’immagine è invertita rispetto a quel che vediamo a occhio nudo: l’Est ci appare ora sulla sinistra: è così che i nostri strumenti astronomici ci fanno vedere il nostro satellite (se è un Newton, anche il nord/sud sarà invertito, noi rappresentiamo la Luna come ci appare con i cannocchiali (rifrattori) o i più diffusi riflettori Schmidt-Cassegrain. Questa volta non siamo vicini al Terminatore, dove la Luna “finisce”, abbiamo bisogno del Sole alto sull’orizzonte lunare per evidenziare le “Raggiere di Copernico”.

Luna al 10° giorno, regione equatoriale del nostro satellite. Il terminatore è sulla destra, dove il Sole sta sorgendo. Est a sinistra. Maksutov-Cassegrain, Meade 7” f 15+ deviatore a 90°. Foto all’oculare con Smartphone, 100 X. G. Bianciardi.
In alto il grande cratere Copernico si staglia “emanando” un complesso sistema di raggi. E’ il momento di dare un nome alle numerose formazioni lunari che vediamo al nostro cannocchiale/telescopio.

Cratere Copernico. Un tipico cratere lunare con la parete terrazzata e montagne al suo centro. Come tutti i crateri “recenti” una estesa raggiera parte dal cratere, alla sua destra anche il cratere Keplero mostra una raggiera, per quanto molto meno estesa. Raggiere lunari: pioggia di detriti disseminati dopo l’urto dell’asteroide che, cadendo sulla Luna, causò la nascita del cratere. In basso, vicino al Terminatore, la struttura tormentata del cratere Gassendi.
Nella sua parte più a Nord, nella foto, in alto, riconosciamo il Cratere Eratostene e i Carpazi, irregolare catena montuosa che si estende per 400 km, con picchi non molti alti, tra 1 e 2 km, che dovremmo riconoscere perché ne abbiamo trattato nel nostro precedente incontro, al confine meridionale del Mare delle Piogge, nella puntata dedicata a questo grande Mare.
Subito sotto, tra le due formazioni, l’inconfondibile cratere Copernico da cui partono i rami di una raggiera biancastra in tutte le direzioni. Copernico si staglia sull’Oceano delle Tempeste, il più grande Mare lunare. Un cratere tra i più grandi: anche un piccolo binocolo riesce a evidenziarlo.
Un cratere che sfiora i 100 km di diametro. Età stimata di 800 milioni di anni, tanto da caratterizzare l’ultima era geologica lunare: il Periodo Copernicano. Possiamo vedere nella foto in alto che abbiamo anche caratterizzata con il suo nome, dettagli ben marcati e netti, segno della sua “recente” età. Si innalza 1 km sopra il Mare circostante (Insularum, “Mare delle Isole”, parte dell’Oceano delle Tempeste che si continua verso Ovest). Possiamo vedere come la base del cratere mostra 2 più grandi picchi, altezza 1,2 km, e un picco più piccolo. Montagne centrali entro la “grande tazza” del cratere, un aspetto tipico di molti crateri lunari.
Vediamo la pianura dentro il cratere di Copernico chiara come il resto degli altopiani lunari, al contrario di Plato (nel nostro precedente incontro con il Mare delle Piogge) dove la base del cratere era scura come i mari, ci dimostra che su Copernico non abbiamo avuto una secondaria invasione di lava, come invece vedevamo su Plato.
Da Copernico si estendono in tutte le direzioni le raggiere: testimonianza dello scontro cosmico che dette origine al cratere. L’asteroide cadde velocissimo sulla superficie lunare, e frammenti di Luna e dell’asteroide, polverizzati, si estesero, ricadendo a pioggia per 800 km (!), grazie anche alla bassa gravità lunare.
Destino simile per Keplero alla sua destra, dove vediamo una raggiera più breve e compatta, evidentemente per la minore energia liberatasi dall’impatto. Grande 29 km, la sua raggiera si estende per 300 km e va a sovrapporsi alla cospicua raggiera di Copernico. Testimonianze di scontri giganteschi tra corpi del Sistema Solare!
Keplero è vicino al Terminatore: il sole sta sorgendo e buona parte del cratere è coperto ancora da una lunga ombra.
Scendendo verso Sud, oltre il Mare Cognitum (“conosciuto”: nome dato nel 1964, quando il Ranger 7, USA, impattò su questo Mare regalando le prime immagini ravvicinate del nostro satellite) e i Monti Rifei che lo ornano in parte, notiamo alla sua destra, la bella struttura di Letronne.
Come il Golfo delle Iridi che già conosciamo dal nostro precedente incontro, anche Letronne (nome di un Archeologo Francese della prima metà dell’ ‘800) è il remnant di un cratere distrutto dall’inondazione della lava del Mare circostante. 119 km in diametro. Vediamo le lunghe ombre delle montagne che si proiettano nella “baia” e una lunga dorsale (corrugamento di lava che si estende per 100 km) che al suo centro corre verso Nord: Dorsa Rubey (nome di un geologo Americano, nominato nel 1976).
Ancora più a Sud, al Terminatore, il grande cratere Gassendi, con la sua struttura molto tormentata e complessa. Anche qui la lava ha inondato la pianura del cratere, come riconosciamo la tinta scura tipica dei Mari lunari (al contrario di Copernico, con il suo pianoro più chiaro). Di Gassendi e del Mare su cui si apre, il Mare degli Umori, ne parleremo nel prossimo incontro, quando descriveremo una regione più meridionale di quella che qui abbiamo presentato.
Incredibile il numero di particolari che possiamo vedere con il nostro piccolo telescopio!
© Giorgio Bianciardi